I NOSTRI VOLTI/5

 


Intervista al Prof. Gaetano da Thiène Scatigna Minghetti

Professore, lei non è nato “professore”. Cosa faceva da bambino e da adolescente?

Da bambino, come tutti, giocavo mettendo in subbuglio l'intera casa. Mia madre, Lorenza, mi lasciava fare pur di accontentarmi ed evitare che partecipassi con gli altri ragazzi alle malefatte tipiche di quell'età. Essendo figlio unico, ero iperprotetto, anche dai nonni materni, ma, talvolta, riuscivo ad eludere la sorveglianza e scappare in strada. Dall'età di due anni, ho frequentato l'asilo delle Suore Domenicane, dove mi trovavo bene. La mia maestra era suor Luigina.


Quali sono state le sue figure di riferimento?

I miei riferimenti, ovviamente, sono stati i miei genitori, Lorenza e Pietro; i miei nonni materni e gli zii da parte di mamma. Poi, alle Elementari, il maestro Gennaro Conte che tanto ha fatto per me sul piano educativo e culturale.



Cosa ricorda della Ceglie di quegli anni? Di che cosa ha nostalgia?

La nostalgia è per una città umanamrente più calda e meno caotica e in cui i rapporti sociali avevano una dimensione familiare. Ricordo le figure delle mie catechiste, le sorelle Ratecchia e Cenzina Ligorio e, specie, il parroco di sempre, don Oronzo Elia, e le sue irripetibili iniziative.


Come è maturata la sua scelta di ricercare e di insegnare, soprattutto in ambito storico?

Dal fatto che, quando a scuola ci assegnavano le ricerche sulla storia di Ceglie, nessuno era in grado di fornirmi delle informazioni plausibili sulla città. Per questo fatto, una volta, mio padre mi accompagnò a casa del venerando Francesco Locorotondo, in corso Verdi, perché apprendessi da lui le notizie importanti sulla nostra Città. Inconsciamente, quasi, è stato per colmare una lacuna.



Come ha vissuto gli anni dell'insegnamento? Come si definirebbe come “docente”?

Gli anni della mia docenza hanno avuto una duplice facies: entusiastica nel contatto con gli allievi; insopportabile con i dirigenti e con le scartoffie burocratiche che inquinano il meraviglioso rapporto con gli alunni.


Che rapporto ha avuto ed ha con la parrocchia di San Rocco?

La parrocchia di San Rocco, e la sua vita, per me è stata molto formativa. La considero un punto saldo della mia esistenza. Specie l'esperienza del campeggio al Pilone: entusiasmante e seria.



Se potesse definire la sua fede, come la definirebbe?

Senza tante articolazioni e sofismi, devo affermare che la mia fede è salda e mi è di molto conforto, soprattutto da quando ho perso i miei genitori e tutti i miei familiari. La preghiera continua mi dà forza e coraggio nell'affrontare i marosi della vita.


Attraversiamo un tempo non facile. Cosa vorrebbe augurare per il 2021?

L'augurio che rivolgo a me stesso e a chi mi sta vicino - e sono tanti - è che questo annus horribilis non lasci strascichi irredimibili per far sì che la gente possa riprendere il cammino proficuo interrotto dalla cesura del Covid-19.

Con l'impegno costante sono certo che sarà superata la fase negativa che ci attanaglia, nonostante gli elementi improvvisati e presuntuosi, che pretendono di governare l'Italia. Grazie!



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