I NOSTRI VOLTI/12

 


Intervista a Donato Santoro

Donato, ci racconti un po’ la tua infanzia?

 

La mia infanzia è piena di ricordi, emozioni e momenti che conservo con tanta nostalgia e che hanno contribuito a rendermi ciò che sono oggi. I momenti più felici che associo all’infanzia sono le estati trascorse in campagna con i miei cugini, tra le gare in bici ed esperimenti sulla magia, e le notti in cui abbiamo dormito tutti insieme. Momenti unici, poiché crescendo ognuno di noi ha intrapreso percorsi di vita diversi. 

Un altro momento particolare è stato quando all’età di 5 anni, durante una normale giornata in asilo, ho deciso di scappare senza un vero motivo. Sono stato un bambino molto testardo, a volte monello, non amavo le regole. Non è cambiato molto, se nonché ora vado d’accordo con le regole, sono un po’ meno vivace, ma sempre molto riflessivo, razionale, sempre pronto ad immaginare e fantasticare. 

Da piccolo volevo fare l’infermiere, mi piaceva l’idea del camice e di poter essere d’aiuto per l’altro, e in qualche modo mi ci sono avvicinato, grazie a ciò che faccio oggi.

Amo la parola “infanzia” e la concezione del fanciullino di Pascoli, lo stupore dei bambini di fronte a una scoperta, la reazione spontanea di meraviglia anche di fronte a qualcosa di già visto. Qualità per nulla scontate, e che crescendo si perdono piano piano: le carezze, gli abbracci, gli sguardi, l’affetto che la frenesia dell’età adulta fa scomparire.

 



Che valore ha per te la famiglia?

 

La famiglia è fondamentale per la crescita, per l’educazione e per l’importanza di avere qualcuno che si prenda cura di te. Per me famiglia non è solo mamma e papà, ma chiunque abbia a cuore la tua persona. Non credo nella famiglia del “Mulino bianco”, non esiste la perfezione, un rapporto che non abbia alti e bassi. Ovunque ci sono problemi e difficoltà, ma la chiave è la presenza costante nella difficoltà, nel dolore, nel disagio, esserci nelle incomprensioni e nelle diversità.

Sono cresciuto in una famiglia con questi valori, educato nella fede, e nel rispetto dell’unicità di ognuno. Nei momenti più difficili, quando viene a mancare qualche pezzo importante, viene fuori ancora di più l’unità, segno di rapporti veri: infatti nei mesi estivi del 2015 ho perso due persone importanti della mia famiglia: mio zio e mia nonna. Nello stesso periodo mio fratello ha subito un incidente stradale che gli ha provocato gravi conseguenze, fortunatamente solo per un breve periodo. È stato lì che ho sperimentato il valore della famiglia. Sono stato accolto, supportato e abbracciato non solo dagli affetti più cari, ma anche da coloro che ora reputo Famiglia.

 

 


E gli amici?

 

Considero famiglia anche gli amici. Sono stato sempre una persona circondata da tante belle amicizie, con alcune da più di quindici anni, con le quali ho condiviso i momenti più belli della mia vita. Sono nate proprio tra i banchi di scuola, con chi mi aiutava durante le verifiche (soprattutto quelle di matematica), con chi ho viaggiato, con chi ho condiviso esperienze forti. Nel corso del tempo ho incontrato altre persone anche grazie alla parrocchia, con cui ancora adesso condividiamo interessi e non solo. Con altre il rapporto non è andato come speravo, ma questo fa parte dell’esperienza e nonostante ciò non rinnego nulla, anzi.

 

 


Sappiamo che sei impegnato nel sociale. Ci vuoi dire qualcosa?

 

Per anni mi sono preso cura di mia nonna nei momenti di scarsa lucidità dovuti all’Alzheimer.

Io ero ancora un bambino e ricordo quando la accompagnavo nel tragitto da casa mia a casa di mia zia, o quando nell’ultimo periodo dovevo starle accanto anche durante la notte.

La accudivo come se paradossalmente fossi io l’adulto, e lì ho capito che la mia strada sarebbe stata quella di stare accanto a chiunque ne avesse bisogno.

Prima di impegnarmi verso l’altro, ho voluto prendermi cura di me stesso, frequentando per un anno una scuola di clown therapy con la Cooperativa Sociale “Naukleros”. Un percorso che mi ha fatto crescere e che mi ha portato a regalare sorrisi ai bambini nel reparto di pediatria.

L’impegno sociale non è solo prendersi cura di bambini e anziani negli ospedali, ma avere a che fare anche con la povertà, con il disagio, con l’esclusione dalla società. L’impegno sociale può anche essere il semplice gesto del “consegnare il pacco alimentare”, grazie al lavoro della Caritas.

L’impegno sociale è una scelta di vita, che nasce da quel bisogno di andare incontro all’altro, e come diceva Don Tonino Bello: “gli uomini sono angeli con una sola Ala, possono volare solo rimanendo abbracciati”. Con questa idea mi impegno ogni giorno con la Società Cooperativa Sociale “L’Ala”, che si occupa di progetti educativi e minori stranieri non accompagnati.




 

E l’anno di servizio civile in Albania? Quali ricordi e quali insegnamenti?

 

Ad un certo punto del mio percorso ho avvertito l’esigenza di abbandonare la mia terra, luogo fisico che da sempre è stata la mia casa e vivere un’esperienza rivoluzionaria, formativa e di crescita sia personale che professionale. 

Ho partecipato al progetto “Educazione e tutela dell’infanzia” con Engim Internazionale, una ONG di Roma, che mi ha dato la possibilità di portare avanti gli obiettivi preposti. 

Esperienze come queste ti cambiano la vita, ti arricchiscono e soprattutto hanno la capacità di farti superare pregiudizi e stereotipi. È stato un anno intenso, pieno di gioie, forti emozioni e anche di duro lavoro. Non mi sono mai arreso dinanzi alle difficoltà incontrare; di quelle ne ho fatto tesoro. I destinatari del progetto sono stati bambini e ragazzi Rom che vivono situazioni di microcriminalità e/o di emergenza sociale, che subiscono forti discriminazioni e vivono confinati in quartieri-ghetto. Attività come sostegno scolastico, corsi di alfabetizzazione e attività ludico-ricreative, volti a facilitare il reinserimento/inserimento nella scuola, mi hanno permesso di entrare nel loro mondo e provare a dare loro tutti gli strumenti necessari per migliorare le loro condizioni di vita. Conoscere una nuova cultura, lingua (e anche un po’ del dialetto), musica popolare e stile di vita ti apre la mente e inizi ad apprezzare di più quanto sia bello il mondo con le sue diversità. 

Custodisco con cura l’opportunità che mi è stata data.


 


Come hai vissuto il lockdown dello scorso anno?

 

Male, molto male direi. Dopo aver terminato il mio anno di servizio civile avevo scelto di continuare a vivere, ancora per un po’, nella terra delle aquile. Mi era stata data la possibilità di coordinare le attività del progetto dal titolo “Ricomincio da te”, nelle zone colpite dal terremoto nel novembre 2019. In pieno lockdown, senza salutare amici, colleghi e bambini, sono rientrato in Italia. È successo tutto così velocemente e a volte sembra ancora surreale che sia accaduto tutto questo. La pandemia mi ha privato di tante cose, e i saluti e gli abbracci non dati sono quelli che ancora oggi fanno soffrire. Allo stesso tempo, il lockdown mi ha dato la possibilità di iniziare un nuovo capitolo della mia vita: intraprendere nuove esperienze che speravo un giorno di fare.

 



Anche in parrocchia sei impegnato. Quali esperienze ricordi con più piacere?

 

Ho sempre partecipato con molto interesse alle attività organizzate dalla parrocchia: dalle recite di Natale, alle uscite, al coro, ecc.

Le esperienze che ricordo con più piacere sono quelle vissute con l'Azione Cattolica parrocchiale e diocesana dove, insieme agli altri animatori, abbiamo organizzato campi scuola per bambini, per giovanissimi e per noi giovani, sia in montagna che al mare. Estati piene di attività, di riflessioni e condivisioni che ci hanno aiutati a crescere e che porto nel cuore. Per realizzarle c'è voluto tanto impegno e parecchia pazienza, ma il risultato è sempre stato ottimo ed ogni momento della preparazione ha costituito per me un tassello in più nella mia formazione personale e lavorativa. Ricordo anche le notti, trascorse sul terrazzo della canonica o, in caso di necessità, direttamente alla scuola "Machiavelli" (presso cui si sono svolti tutti i Grest degli ultimi anni), a programmare e riprogrammare attività, laboratori, incontri e uscite. Tra una risata e una pizza con patatine, ho trascorso momenti unici e indimenticabili, in compagnia di persone alle quali ho voluto e voglio tanto bene.

Soprattutto negli ultimi anni, le iniziative parrocchiali mi hanno tenuto impegnato per la maggior parte dell'estate: iniziavo con il Grest, a giugno, e tornavo alla vita di tutti i giorni solo a settembre, con la fine dell'ultimo campo scuola. 

Un'altra esperienza significativa, che è rimasta indelebile nei miei ricordi, è la GMG, a Cracovia, dove ho incontrato tanti giovani provenienti da tutto il mondo. Un viaggio di circa 20 giorni che mi ha permesso di rafforzare la mia fede, di conoscere altre culture e di intessere rapporti nuovi, che durano tutt'ora.

Attualmente presto il mio servizio in Caritas, dove ogni mese mi occupo della raccolta alimentare e, inoltre, mi occupo della gestione della pagina Facebook della parrocchia.

 

 


Hai ripreso a studiare. Quali sono le tue prospettive?

 

Ho ripreso a studiare all'età di 25 anni dopo un lungo momento di indecisione e di incertezza. Una sera d'estate a Torre Lapillo, dopo una lunga conversazione con una persona per me molto importante, ho capito che era giunto il momento. Ho sempre avuto un rapporto altalenante con la scuola e con le figure professionali che ne fanno parte... diciamo che ho vissuto diverse disavventure (potrei scrivere un libro). Però ho voluto darmi una possibilità. È stato come riscattarsi da alcune esperienze negative vissute in passato ed è servito a dimostrare a me stesso, prima che agli altri, quanto valessi.

Prospettive per il futuro? 

Al momento non so cosa rispondere o meglio, ancora non voglio sbilanciarmi... Sicuramente avere una stabilità economica è il primo obiettivo. Voglio continuare a dare il massimo in quello che faccio, per acquisire sempre più consapevolezza delle mie capacità e per poter affrontare qualunque situazione che il lavoro mi ponga davanti. Voglio essere un ottimo educatore e per farlo so che dovrò formarmi costantemente e fare molta esperienza.


 


In tutto quello che fai quale posto ha la fede?

 

La fede mi tiene in vita, soprattutto nei momenti difficili da superare. Credo fortemente che nessuno si salvi da solo e che un Uomo si sia sacrificato per noi e per la nostra salvezza. 

La fede per me vuol dire credere in qualcosa che non ci rende schiavi, ma vivi. Vuol dire credere in qualcuno che ci ha amati e ci ama in maniera smisurata, senza vincoli e in libertà. 

La fede mi scalda il cuore e l'anima. Essa accende in me la speranza, in ogni situazione ed è luce viva, che nei momenti più bui mi indica la strada da seguire e le scelte giuste da compiere.

 

 


Un mini dizionario per il futuro. Ci dai tre parole? 

 

Fra tutte questa è la domanda che mi ha mandato di più in crisi! Credo che ci sia ancora molta strada da fare per migliorare il nostro futuro, quindi 3 parole sono poche. Diciamo che ho scelto quelle che mi stanno più a cuore e che maggiormente si avvicinano allo scopo del mio lavoro: uguaglianza, amore e solidarietà.

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