I NOSTRI VOLTI/7


 Intervista a Cosimo Antico

Cosimo, ci racconti un po' la tua vita e la tua famiglia?


Sono nato nel non lontano 1950, provengo da una famiglia numerosa composta da otto figli, dei quali io sono l’ottavo. Una famiglia semplice, laboriosa, di contadini. I miei genitori, anche se non avevano tanta possibilità economica, mi consentirono di continuare gli studi. Difatti, sono stato l’unico a raggiungere la terza media. A quei tempi era già tanto per gente come noi.

Finita la terza media, ho cominciato a lavorare nell’edilizia, come operaio. Poi ho conosciuta una ragazza ed è nata subito tanta simpatia e attrazione reciproca. Siamo cresciuti insieme ed è arrivato il tempo delle decisioni. Abbiamo deciso di condividere il nostro futuro insieme, mettendo su famiglia. Dalla nostra unione sono venuti al mondo tre figli. Li abbiamo tirati sù con amore e spirito di sacrificio. Dono più grande il Signore forse non poteva concederci. Sono cresciuti anche loro. La secondogenita  è sposata, regalandoci la gioia di diventare nonni di due splendide nipotine.


Che ricordi hai della Ceglie della tua infanzia?


Tanti ricordi belli e meno belli, come tutti. Elencarli tutti forse è difficile. Ci tengo a sottolineare un ricordo che a me è rimasto impresso più di tanti altri. Nel mese di maggio, i più piccoli, usavano fare gli altarini per strada, ai quali si avvicinavano anche gli adulti, recitando insieme una preghiera, o anche singolarmente. Purtroppo, come accade spesso, c’era qualcuno che infastidiva. Piccoli, quelli del mio gruppo, ma decisi. Ci difendevamo in tutti i modi.


Quale parrocchia frequentavi da piccolo?


La Chiesa Madre. Catechismo tutte le sere nei locali della parrocchia, oppure San Domenico, San Gioacchino, San Demetrio. Prima comunione in terza elementare. Confermazione quinta elementare. Parroco di allora Don Luigi Papadia, di venerata memoria.



Tu sei accolito. Cosa vuol dire? Quando lo sei diventato e come?


Sono accolito dal 2006. Ricordo benissimo come se fosse ieri. Il 25 settembre, vigilia della festa dei Santi Medici Cosma e Damiano, presso il Santuario, ci fu la celebrazione liturgica presieduta dall’allora nostro carissimo vescovo, Mons. Michele Castoro, di venerata memoria. Venne conferito, a me e altri quattro, il ministero dell’accolitato.

Una gioia grande che non si riesce a esprimere a parole, ma che si sente dentro. Al tempo stesso, e soprattutto, una responsabilità maggiore. Avrei tanto da raccontare a proposito, ma mi limito a rendere soprattutto un grazie immenso a Dio Padre, che mi ha concesso di servirlo tanto da vicino, nonostante le mie debolezze. Un grazie particolare a Maria, la celeste Signora, come confidenzialmente la chiamo. Grazie a chi ha creduto in me, aiutandomi nel cammino di crescita spirituale. Un grazie lo devo, e non in ultimo, a mia moglie e alla mia famiglia tutta, che mi hanno sempre sostenuto.


Cosa significa per te la parrocchia di San Rocco?


Oggi come oggi significa tanto, oso dire tutto. È per me una seconda famiglia dove ci si sforza di camminare insieme, pur nelle proprie diversità, perché, come dice Papa Francesco, la diversità è una crescita.


Come vivi la tua fede? Quali sono i tuoi punti fermi?


Con semplicità. Sforzandomi giornalmente di compiere il mio dovere in modo naturale, tenendo sempre fisso lo sguardo su Colui che mi ha redento con il Suo sangue. La Bibbia, come punto fermo, e la preghiera costante. Con la preghiera sono convinto che si ottiene tutto.


Come stai vivendo le restrizioni sociali per il covid-19?


Con naturalezza. Dandogli la giusta attenzione, usando le precauzioni che ci vengono suggerite. Sempre confidando nell’aiuto di Colui che tutto può. Senza drammatizzare.


Cosa vorresti augurare alle giovani generazioni?


Ai giovani di oggi e futuri, dico semplicemente: “Non scoraggiatevi mai, non perdete la speranza di un futuro migliore, di continuare a sognare ad occhi aperti, perché i sogni sono quelli che danno stimoli creativi per andare avanti nella vita”.

Forse non tutti riusciranno a realizzare i progetti sperati, ma provare a realizzarli è già una riuscita.


Tre parole per il 2021.


Semplicemente: "Permesso, Scusa, Grazie" (Papà Francesco). Dicono tanto e tutto.

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